Intervista Sole24Ore alla dott.ssa Stefania Passera

Il legal design è una soluzione creativa alla problematica della trasparenza, chiarezza, comprensibilità del linguaggio giuridico, con ampie possibilità applicative. Nasce da un contesto di ricerca multidisciplinare con il primario obiettivo di porre l’utente finale al centro del progetto. 

Gli studi e le prime applicazioni strutturate del legal design sono state curate a livello universitario in Finlandia grazie a Stefania Passera, laurea in Design della Comunicazione Visiva al Politecnico di Milano ed oggi imprenditrice, Assistant Professor alla facoltà di Business Law della University of Vaasa, Contract Designer in Residence presso World Commerce & Contracting e co-autrice del Legal Design Manifesto, nonché co-fondatrice della Legal Design Alliance.

  • Dottoressa Passera, contratti, regolamenti o istruzioni spesso sono così complessi da risultare incomprensibili per chi non mastica ogni giorno la materia, come ha intuito di poter trovare una soluzione applicando l’information design al settore legale?

L’intuizione è nata in Finlandia, dove mi ero inizialmente trasferita per un Erasmus seguito da una laurea specialistica in graphic design. Qui ho conosciuto Helena Haapio, una delle madri della “Proactive Law” ed impegnata nella ricerca di soluzioni per migliorare la gestione del rischio contrattuale e prevenire incertezze legali e controversie, anche con la finalità di favorire il successo aziendale. 

Mi resi conto che le tecniche familiari a noi designer dell’informazione erano praticamente sconosciute ai giuristi. Da lì la curiosità è stata molta ed il passo è stato breve: ho intrapreso un dottorato di ricerca alla Aalto University School of Science, conclusosi con una tesi sulla visualizzazione dei contratti come aiuto alla comprensione e sostegno alla collaborazione fra i diversi “contract users” in azienda.

  • Cosa intendiamo per semplificazione dei documenti giuridici? Non c’è il rischio di perdere qualcosa?

Nel mio ambito di lavoro, semplificare significa rendere i documenti più chiari, più diretti, più facili da usare e soprattutto più efficaci. Alle volte la complessità “intrinseca” dell’argomento è inevitabile. Però si può sempre eliminare quella complessità causata da fattori “estrinseci” come l’uso di una terminologia inutilmente complicata, la mancanza di un’architettura dell’informazione e di indicazioni visive che aiutino l’utente a navigare nel documento, per non parlare della scarsa leggibilità dovuta a scelte tipografiche e di impaginazione infelici. 

Se pensiamo a queste problematiche, una corretta progettazione e l’uso di adeguate tecniche di design dell’informazione portano sicuramente dei vantaggi. Ciò che conta è calarsi nell’esperienza dei destinatari del documento: in quale contesto usano questo contratto? Cosa devono fare con le informazioni che contiene? Come si può strutturare il documento per rendere questi processi più semplici ed efficaci? Pertanto il mio lavoro è finalizzato a semplificare la vita di coloro che leggono ed usano contratti, con una visione strategica rispetto agli interessi delle aziende mie clienti.

  • La creazione e progettazione di un testo applicando metodi di legal design consente dunque di minimizzare il rischio di incomprensioni e l’insorgere di contestazioni. Quali risultati sono stati raggiunti in questi anni grazie al legal design?

Nel mio piccolo, lavorando soprattutto con contratti commerciali, vedo come i miei clienti riescano spesso a dimezzare i tempi di negoziazione dei loro contratti usando documenti più fruibili. La stessa volontà di voler esser chiari, inoltre, trasmette valori come credibilità e trasparenza, con riscontri positivi in termini di reputazione e collaborazione con fornitori e clienti.

Si vede anche un cambiamento di paradigma in come le aziende iniziano a pensare la comunicazione attorno alla privacy. Due esempi lampanti sono le privacy policy di juro.com (una piattaforma di contract management) e august.com.au (un’agenzia di digital marketing).

In Olanda, Sud Africa ed Australia, la diffusione di contratti di lavoro in forma completamente visuale, simile a fumetti, sono state lodate dai sindacati in quanto rafforzano i diritti dei lavoratori. Soprattutto perché questo formato innovativo di contratto viene spesso usato a beneficio di lavoratori vulnerabili e spesso semi-analfabeti, come i raccoglitori di frutta in Sud Africa.

Negli Stati Uniti, il legal design è stato usato in varie iniziative di access to justice, per creare servizi legali innovativi, digitali e accessibili a chi non può permettersi un avvocato, o per semplificare quelle procedure giudiziarie che si intersecano con problemi più ampi di giustizia sociale (ad esempio, sfratti, crimini minorili, cauzioni…).

  • Nel campo del diritto immobiliare c’è una forte esigenza di chiarezza, soprattutto per quanto riguarda contratti e regolamenti, vista anche la diversificazione degli utenti finali, pensiamo alle differenze culturali e linguistiche. Cosa può fare il legal design?

Ovunque circolino informazioni legali, c’è spazio per il legal design. Contratti, documenti e procedure più semplici e trasparenti fanno nascere senz’altro relazioni sociali e commerciali migliori.

Non è difficile immaginare che questo possa applicarsi anche nell’ambito del diritto immobiliare. Penso, ad esempio, a quanto potrebbe essere migliorata la comunicazione e la comprensione di regole e procedure nell’ambito del condominio, dall’uso dei servizi al riparto delle spese comuni.

Per tornare alla visione “proattiva” e preventiva di cui parlavamo prima, lavorare di più sulla chiarezza consente di evitare tensioni e prevenire liti tra le parti in gioco. Allo stesso tempo, nel contesto di una relazione più collaborativa ci si può concentrare fattivamente nel realizzare benefici, in ottica win-win.

  • Si possono migliorare anche i processi e le procedure riguardanti la gestione degli immobili?

La progettazione secondo i principi del legal design riguarda anche i processi e le procedure, sempre con l’obiettivo di bilanciare le esigenze di business con gli interessi degli utenti.

Ritengo che anche la gestione di complessi immobiliari richieda ad esempio adeguate procedure di contract management. Elaborare tali procedure secondo i principi del legal design e semplificare i contenuti legali, consente di abbreviare i tempi di negoziazione, di rendere efficiente il processo e di evitare ritardi operativi o perdite di progetti.  

Nel caso in cui vi sia anche l’erogazione di servizi, comunicare il contenuto legal in modo maggiormente fruibile per gli utenti consentirà all’organizzazione di dimostrare la propria compliance, di aumentare l’engagement con i clienti e, quindi, di creare valore. 

  • Per applicare efficacemente i principi del legal design è importante avere una formazione specifica? 

Si può diventare professionisti del legal design partendo sia da una formazione in legge che in design (ad esempio, information design, service design, UX design…). Parole d’ordine sono complementarità e collaborazione: oltre alle competenze specifiche portate dall’individuo, si deve essere in grado di lavorare assieme e sfruttare al meglio le competenze di ognuno. In questo caso, 1+1 fa più di 2. Per riuscirci, deve esserci però un mindset e una sensibilità condivise e dimestichezza con metodi e processi di progettazione user-centered.

Offrire questo nucleo di competenze essenziali è lo scopo della mia più recente fatica, un nuovo corso intensivo di formazione in Legal Design in partenza a novembre 2021, sostenuto dal laboratorio di formazione EkitaLab e dall’Accademia di Belle Arti G.B. Tiepolo di Udine, con la collaborazione di Legalnext ed in partnership con Trakti. Ovviamente, pratichiamo quello che predichiamo: didattica esperienziale learning by doing, sostenuta da un corpo insegnante fortemente multidisciplinare.